Rivista internazionale di architettura e arti del progetto settembre/ottobre 2011

L’abitazione collettiva: ieri, oggi, domani
Qualsiasi ente, istituzione, scuola, qualsiasi rivista, centro studi o, più semplicemente, qualsiasi progettista interessato ad approfondire i contenuti disciplinari che ruotano intorno all’architettura non potrà non porre al centro del proprio interesse e della propria ricerca il tema della casa, dell’abitazione collettiva e quindi dell’abitare. Ogni argomento, ogni aspetto del progetto, sia riferito alla grande scala e al paesaggio, sia incentrato sullo studio dei temi urbani e della città, sia coinvolto nella piccola dimensione o nella sfera individuale, dovrà comunque confrontarsi con le necessità derivate dall’esigenza della società di vivere in forma aggregata e interconnessa. Se si eccettua il sogno nordamericano della casa individuale e della città diffusa resa possibile dalla congiunzione casa-automobile, il ventesimo secolo ha consolidato e sviluppato a livello globale il modello dell’edificio residenziale multi-piano diffondendolo nel mondo quale icona di una società evoluta e moderna, modello adatto sia a rispondere alle esigenze della città industriale, quanto alla vita delle megalopoli contemporanee. Ovviamente per la sua universalità la letteratura sull’argomento è sterminata, così come infinite sono le analisi e le varianti tipologiche e aggregative, le sperimentazioni, la diffusione internazionale che attraversa da oriente a occidente ogni ipotesi abitativa d’oggi, pertanto occorre, a rischio di una eccessiva semplificazione, provare a compiere sintesi estreme in grado di focalizzare alcune questioni che continuano a manifestare la propria stringente attualità.
1. Hardware e software
Ogni progetto di residenza collettiva include una specifica soluzione costruttiva che conduce ad una determinata consistenza fisica e architettonica e a una attesa categoria di utenti che definiscono un determinato programma d’uso e di vita all’interno dell’edificio. Se i due aspetti non sono coordinati ed ugualmente progettati il risultato può provocare conseguenze negative sia per la vita dell’edificio sia per la vita degli abitanti. Una simile consapevolezza è determinante specialmente per l’edilizia sociale dove, anche in presenza di soluzioni architettoniche di qualità, una errata programmazione d’uso, come l’eccessiva concentrazione in un unico luogo di nuclei appartenenti a classi particolarmente disagiate, può portare all’inabitabilità dell’edificio o della parte di città che lo accoglie.
2. La questione della dimensione
L’edificio residenziale multi-piano è costituito da nuclei di collegamento, scale, ascensori, pianerottoli, corridoi e cellule abitative, tuttavia, questo modello non può essere moltiplicato acriticamente ed in modo indefinito, poiché la dimensione e l’estensione dell’edificio, sia in termini di numero di alloggi che di numero di piani, impone limiti che non sono costruttivi ma d’uso, il gigantismo di molti esempi ha palesato una accertata diminuzione della qualità dell’abitare e delle condizioni di vita. La scala del progetto deve pertanto risultare conforme sia intrinsecamente sia in relazione al contesto urbano nel quale si colloca; l’edificio residenziale rifugge tanto il ruolo di monumento quanto l’eccezionalità.
3. Identità e ripetizione
L’indifferenza e la ripetizione dei luoghi per abitare e l’omologazione dell’edificio ad un qualsiasi prodotto industriale da ripetere in serie ha dimostrato la propria incapacità a generare urbanità e qualità di vita, identità, senso di appartenenza. Il tema della variazione e delle differenze di edifici contermini è connesso con lo stesso desiderio dell’individuo di riconoscere la propria esistenza e la propria casa come una vicenda ed un’esperienza personale.
4. L’attacco a terra
La mediazione tra la città intesa come l’orizzonte su cui si distendono strade, piazze, giardini, comunque luoghi della collettività e della vita aggregata e l’appartamento, concepito come spazio privato e riservato per eccellenza, deve trovare nell’edificio un luogo intermedio, ibrido, che elimini quella condizione di confine o di scontro che potrebbe generarsi dall’accostamento di due realtà evidentemente oppositive. L’attacco a terra per un edificio residenziale multi-piano può accogliere negozi, servizi, ambienti che non richiedano il livello di privacy dell’abitazione consentendo ai fruitori opportunità di incontro e luoghi per le relazioni sociali.
5. Flessibilità e adattabilità sociale
La casa quale luogo della vita familiare deve potersi adattare alle necessità e ai cambiamenti comportamentali e sociali contemporanei. Se, ad esempio, la famiglia costituiva un tempo un nucleo stabile e sufficientemente immodificabile, oggi le esigenze e le consuetudini di vita dovrebbero potersi riflettere sulla conformazione tipologico-distributiva dell’appartamento consentendo suddivisioni ed eventuali separazioni del nucleo familiare e quindi della casa senza particolari complicazioni. Allo stesso modo un alloggio di oggi dovrebbe poter agevolare le nuove opportunità offerte con il telelavoro e comunque riflettere ed adattarsi ai sempre più rapidi cambiamenti di usi e costumi della società.
6. Durevolezza e longevità
Come ogni manufatto anche l’edificio residenziale possiede un suo determinato ciclo di vita, tuttavia abitare in un luogo allo stadio terminale di tale ciclo, comporta la coabitazione con un forte stato di degrado che depaupera inevitabilmente anche le condizioni di vita interne all’alloggio oltre a generare un degrado urbano che purtroppo caratterizza molte periferie contemporanee. Pertanto una attenta progettazione dovrebbe poter consentire al manufatto sia un invecchiamento dignitoso sia una facilità manutentiva che ne valorizzi il ruolo e l’immagine all’interno del contesto urbano.
7. La necessità ambientale
Oltre il 35% delle necessità energetiche mondiali sono utilizzate per le esigenze dell’abitare contemporaneo, per raffrescare, riscaldare, illuminare la casa. Ovvio che se nel breve riuscissimo a costruire o restaurare il patrimonio edilizio esistente impiegando un uso massiccio ed esteso di tecniche e modalità virate al raggiungimento di una sostenibilità complessiva del manufatto potremmo ridurre le emissioni inquinanti in maniera rilevante oltre ad un risparmio energetico generalizzato che appare come un’esigenza non ulteriormente procrastinabile.

Marco Casamonti

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