Rivista internazionale di architettura e arti del progetto luglio/agosto 2018

Architettura: l’arte di sollecitare le capacità percettive
L’architettura, così come il design dell’oggetto d’uso, coinvolgono i nostri sensi più o meno intenzionalmente anche se tale interazione risulta inevitabile e intrinseca ad una disciplina, quella del progetto, finalizzata tanto all’abitare quanto allo svolgimento delle attività umane. Non è possibile visitare e vivere l’architettura senza che il nostro corpo venga coinvolto spazialmente rispetto ai luoghi che attraversa poiché ciascuno ne acquisisce conoscenza e percezione attraverso la luce naturale o artificiale che li rende visibili e visitabili, così come ne coglie la tattilità nei materiali di cui i luoghi stessi sono costituiti e, con questi, i profumi e i suoni prodotti anche semplicemente dalle persone che li abitano. Ma se queste condizioni sono date, la differenza si gioca tutta sulla ricerca intenzionale dei diversi autori, sulla loro capacità di attivare percorsi di ricerca e di studio che pongano la questione della percezione al centro del proprio agire e non come risultato involontario del progetto. La differenza di valore tra architetture diverse o innumerevoli oggetti d’uso spesso si gioca proprio sulla capacità del suo ideatore di trasporre il suo sentire e la sua immaginazione nel sentire e nell’immaginazione del fruitore cercando, con il proprio lessico e con gli strumenti che la disciplina mette a disposizione, di sollecitare quelle emozioni visive e tattili che talvolta rimangono impresse per sempre nella memoria. Inoltre la comprensione dello spazio e quindi dell’architettura non può escludere l’esperienza uditiva che per esempio ci accompagna nella visita delle cattedrali e dei grandi spazi in cui la sacralità si arricchisce della vibrazione del silenzio, del profumo dell’incenso e della cera delle candele. In altri casi, e per specifiche attività come le sale da musica e gli auditorium, la capacità dello spazio di “suonare” con armonia e precisione risulta ovviamente più importante rispetto ad altre sensazioni. Per questa via gli esempi potrebbero essere infiniti, come infinite sono le possibilità dell‘architetto di lavorare sugli aspetti percettivi ponendo, come è giusto che sia, l’esperienza umana al centro del progetto. Da questo punto di vista vi sono state epoche e percorsi storico-linguistici più consapevoli di altri e solitamente ciò accade quando l’afflato sperimentale guida la mente del progettista come nel caso del Barocco o del Modernismo spagnolo, solo per citare due esempi. L’accentuazione della prospettiva e la complessità spaziale un tempo, oggi la scoperta di nuove condizioni percettive conseguenti l’utilizzo della virtualità e della tecnologia, concorrono alla realizzazione di ambienti in grado di proiettare il visitatore in una realtà che mostra più dimensioni di quelle conosciute, che apre a visioni più oniriche o immaginifiche di quelle reali, toglie la gravità dalla massa, duplica e riflette le superfici, allunga e accorcia lo spazio, in una sequenza di riscontri emozionali di cui l’architettura si fa interprete proiettandoli sulla nostra vita sotto forma di sollecitazioni sensoriali. Probabilmente rispetto alla totalità dei sensi, cinque secondo la tradizione, solo il gusto appare più complesso da stimolare attraverso l‘architettura, anche se cibo e bevande spesso possono offrire una loro struttura, un loro design e come ovvio e naturale un loro sapore.
Marco Casamonti

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