Un errore in cui si incorre molto spesso è quello di classificare l’architettura degli spazi commerciali nell’ambito dell’interior design o della decorazione d’interni, quando in realtà si tratta di vere e proprie opere di architettura il cui contesto non è dato dall’ambiente circostante, inteso in termini di paesaggio urbano, ma dai prodotti e servizi che vengono commercializzati all’interno degli ambienti di esposizione e vendita. Sempre più spesso l’architetto è chiamato a costruire un paesaggio virtuale abitato da oggetti o beni di consumo che sono i protagonisti di uno scenario progettato per esaltare le caratteristiche di quel determinato bene. Il fruitore del negozio è un ospite, un turista all’interno di una città, e come tale osserva, ammira, visita, tocca, prova e ovviamente è sollecitato all’acquisto da messaggi multipli di cui lo spazio architettonico, ed il suo allestimento, costituiscono uno degli elementi fondamentali per attivare il desiderio di possesso. Potremmo inoltre paragonare lo spazio del negozio ad un teatro e provare a immaginare il lavoro dell’architetto come una attività complessa, simile all’opera dello scenografo e del regista messi insieme: poiché come quest’ultimo deve lavorare per la messa in scena di una storia che ogni prodotto è chiamato a narrare, e al pari del primo deve immaginare e disegnare il luogo e lo spazio in cui la scena si svolge. Ma contrariamente al teatro lo spettatore, cioè il fruitore, è parte stessa della scena e quindi la vicinanza obbliga alla perfezione esecutiva dei dettagli, alla cura estrema dei particolari, all’attenta scelta dei materiali impiegati. Un’altra necessità che avvicina lo spazio del negozio al mondo dello spettacolo dal vivo, o più in generale al mondo delle esposizioni, consiste nell’estrema attenzione che deve essere dedicata allo studio della corretta illuminazione poiché, parafrasando la conosciutissima definizione di Le Corbusier, è assolutamente vero che l’architettura – del negozio in questo caso – è il gioco dei prodotti sotto la luce. Sul tema si sono cimentati i più grandi architetti nel corso del XX secolo: da Frank Lloyd Wright a Carlo Scarpa, da Hans Hollein – famosissimo il suo negozio di candele a Vienna – ai contemporanei Rem Koolhaas e Herzog & de Meuron per Prada, David Chipperfield per Versace e molti altri autori conosciuti per opere di ben altre dimensioni, a significare che l’architettura del negozio non è figlia di un dio minore.

 

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