Edici alti o edifici bassi, questo è il problema

Il dubbio amletico se sia meglio costruire in altezza e incentivare la densificazione urbana o costruire in orizzontale in favore di complessi naturalmente meno energivori e più sicuri non può essere banalizzato schierandosi unilateralmente in favore di una delle due possibilità. La risposta infatti è particolarmente complessa come la risoluzione di una equazione con un numero di incognite tali da non consentire il raggiungimento di un risultato certo. Proviamo allora a comprendere, non per il gusto dell’elencazione, ma per neccessità di chiarezza, i principali temi in discussione. In favore della necessità di sfidare la gravità e abitare in verticale vale la considerazione che il suolo costituisce una risorsa finita e non riproducibile, per tali motivazioni, visto il crescente numero di abitanti del pianeta passati dai due miliardi di inizio secolo ai quasi otto miliardi attuali, serve costruire consumando meno suolo possibile. Inoltre, densificando la città, gli spostamenti richiedono molto meno tempo e quindi migliora la qualità della vita delle persone con la conseguente riduzione dell’inquinamento connesso alla mobiltà. Inoltre concentrando le zone abitate in spazi ridotti è più facile servire gli edifici con linee di trasporto pubblico, valga per tutti l’esempio dello Shard di Londra progettato da Renzo Piano posto sopra uno snodo ferroviario della metropolitana, privo di parcheggi e quindi abitato e servito senza che la presenza dell’edificio, il più alto in Europa, generi incremento di traffico veicolare. Inoltre le torri costituiscono straordinari landmark urbani, edifici che per loro natura sono iconici ed identitari, disegnano e caratterizzano il contesto urbano in cui si riferiscono, consentendo, fino ad una certa altezza, viste e panorami di sicura suggestione, insomma servono per essere visti e per vedere. Al contrario i detrattori della tipologia sottolineano l’aspetto ecologico non dal punto di vista del consumo di suolo ma da quello puramente energetico e non vi è dubbio che gli edifici alti siano energivori per definizione poiché la mobilità interna non può prescindere dal consumo di energia così come la climatizzazione. Si aggiunga il fatto che oltre certe altezze l’apertura delle finestre è impossibile e quindi l’edificio necessita di sistemi di ventilazione artificiale, oltre quelli di distribuzione dell’acqua, che ovviamente comportano un fabbisogno energetico maggiore rispetto ad opere a misura conforme. Vi è poi il tema della sicurezza giacché, per quanto remoto il problema, la sfida alla gravità comporta rischi teorici maggiori per l’abitare. Il costo della manutenzione ed in generale una conseguente simbologia di classe – giacché gli edifici alti, per le ragioni appena menzionate, si accompagnano alla possibilità di abitare delle classi più ricche – costituiscono altrettanto validi motivi per rimpiangere l’orizzontale panorama della Pechino di inizio secolo dominata dalla sequenza infinita dei suoi meravigliosi Hutong. Tuttavia potremmo immaginarci una contemporaneità priva di simbologia? New York fatta solo delle case del Queens senza Manhattan, Shanghai senza il Bund, e come resistere alla tentazione del simbolismo caro ad Arnolfo di Cambio che già alla fine del duecento immaginò e costruì a Firenze due edifici che arrivavano a cento metri di altezza, la torre del Palazzo della Signoria e poi la Cattedrale successivamente conclusa, nella sua parte sommitale, dal Brunelleschi. Lo stesso Stalin non aveva saputo resistere al fascino del grattacielo e ne fece costruire a Mosca sette bellissimi che ancora oggi segnano lo skyline della capitale russa. Ma se è così allora occorre comprendere il valore pubblico e collettivo dell’edificio alto, assimilarne le ragioni, comprenderne i problemi e i limiti per tentare di attenuarne l’impatto ed il consumo energetico, accettare l’idea che è del tutto fuori logica costruire colonne verticali in vetro scuro nel deserto – Dubai docet – per trovare, di contesto in contesto, il miglior modo per costruire in altezza tenendo conto che la teoria di Sullivan – un basamento, un coronamento ed una serie di piani tutti uguali – ha fatto il suo tempo ed è oramai fuori dal tempo. Probabilmente il futuro ha più bisogno di torri e meno necessità di grattacieli.

 

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